Il nome di Stanley Morison, ai più, non dirà molto: eppure, la sua storia è intimamente connessa con quella di uno dei font più (ab)usati dell’universo. Morison, tipografo inglese, è stato per più di quarant’anni (dal 1923 al 1967) consulente alla Monotype Corporation, contribuendo tra le altre cose al restyling di grandi classici come il Baskerville e il Bembo.
Nel 1929 scrisse un articolo dove criticava aspramente le scelte di stampa e di lettering del già allora famoso The Times, giornale di Londra. La direzione del Times, assai accorta, prese a cuore la faccenda ed incaricò lo stesso Morison di studiare una soluzione. Fu così che, nel 1943, debuttò ufficialmente sulle pagine del giornale un font che ha fatto storia: il Times New Roman.
Ma questa è solo una versione della storia, rimasta tale per oltre quarant’anni. Perché nel 1987, lo stampatore canadese Gerald Giampa acquistò ciò che restava della Lanston Monotype, e nei suoi cassetti trovò schizzi e documenti risalenti ai primissimi anni del 1900. In queste carte era descritto un font, chiamato “Numero 54″, disegnato dallo sconosciuto William Starling Burgess (un progettista di barche con un brevissimo passato da stampatore) e straordinariamente simile al Times New Roman che trent’anni dopo Morison vendette al The Times di Londra.
Apparentemente, Burgess disegnò il “suo” Times New Roman nel 1904 e a soli 26 anni; poco dopo, chiese alla Lanston Monotype di realizzargli gli appositi tipi per la stampa tipografica.
L’idea era di usare il carattere per la sua nuova compagnia navale. La Lanston iniziò la produzione intagliando i primi caratteri, ma il lavoro fu fermato poco dopo dallo stesso Burgess: si era unito ai fratelli Wright (sì, quei fratelli Wright) per lavorare al progetto di un velivolo. Il Numero 54 fu dunque abbandonato e restò a prendere polvere nascosto in qualche armadio, fino al 1987.
Quando Giampa scoprì questa apparente prova di plagio, incaricò l’amico Mike Parker, storico e tipografo, di analizzare e confrontare i due Times. Parker dichiarò senza ombra di dubbio che era Burgess il vero padre del Times New Roman; tra le altre cose, basandosi sugli schizzi ritrovati, il suo set di caratteri prevedeva un corsivo che invece Morison non disegnò mai, adattando un corsivo standard già di proprietà della Monotype.
Per rendergli onore, Parker completò il Numero 54 e lo pubblicò nel 2009, completo del corsivo originale, sotto il nome di Starling. Resta ancora un mistero come sia possibile che Burgess, per così tanti anni, abbia visto il suo carattere diffondersi per il mondo della stampa di massa senza mai sollevare una perplessità. E Morison, da parte sua, non dichiarò mai di aver “creato” il font: in tutte le comunicazioni ufficiali, preferiva usare verbi come “escogitato” o “supervisionato”.
Come finisce questa storia? Purtroppo, nell’ombra. Se anche fossero esistite ulteriori prove dell’avvenuto plagio, andarono tutte distrutte:nell’incendio del cantiere navale di Burgess del 1918, nel bombardamento di Londra del 1941 che distrusse gli uffici della Monotype, nell’alluvione che portò via gli archivi (e la casa) del canadese Giampa; e infine, la verità scomparve con la morte di Burgess (nel 1947), di Morison (nel 1967) e di Giampa (nel 2009).
Ma i quarant’anni di storia “ufficiale” hanno comunque scritto il nome di Stanley Morison nella storia della tipografia, relegando quello di William Starling Burgess nei cuori di pochi curiosi.
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